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Maratona di Milano - 15 aprile 2012
Tutto è cominciato verso la fine della scorsa estate, quando partecipavo più o meno attivamente agli allenamenti di alcuni amici che stavano preparando la Marathon des Alpes Maritimes (Nizza-Cannes). Ero reduce da un infortunio alla bandelletta ileotibiale, che mi aveva tenuto fermo per buona parte dei mesi di agosto e settembre. Li vedevo tutti presi, intenti ad ottenere una buona prestazione e piano piano covavo il desiderio di correre anch'io un'altra maratona.
Li ho accompagnati e ho fatto il tifo per loro ed ho condiviso con loro l'entusiasmo, la tensione, la fatica (forse quest'ultima un po' meno!) e la soddisfazione di tagliare il traguardo tra gli applausi.
Da lì è nato il progetto Milano, anche dopo aver visto la lunga lista di happy runners iscritti. Un'occasione per conoscere altri soci, dato che dalle mie parti non ho molte possibilità di trovare molti nuovi compagni di squadra. Più passavano le settimane e si avvicinava l'evento però, più la voglia di allenarsi coscienziosamente scemava. Soprattutto per uno come me che per finire “dignitosamente” una 42,195 ha bisogno di molti lunghi, cercando di portare il limite sempre più verso il 42°, cercando di abituare l'organismo a tenere il più possibile a lungo il famigerato ritmo maratona.
Sono convinto che le ripetute, il fartlek, le variazioni di ritmo, eccetera eccetera siano fondamentali, ma per quanto mi riguarda, di base ho bisogno di conoscere la fatica, e quest'inverno sembrava che quest'ultima non mi appartenesse. Così, ha cominciato a prendere posto nella mia mente l'idea che anche se non correvo per cercare di ottenere il mio personal best, forse mi sarei anche goduto la corsa in maniera diversa.
Ed i mesi sono trascorsi...e mi sono ritrovato sul treno che mi avrebbe portato a Milano in un sabato mattina uggioso e piovoso, ed il giorno seguente su un vagone della metropolitana affollato di runners con la borsa con i vestiti di ricambio che man mano che avanzava verso la fermata della fiera di Rho, sembrava sempre più assomigliare ad un gigantesco stanzone di una sauna. Vetri appannati, caldo umido tropicale...finché in un attimo ci siamo ritrovati a camminare in un'interminabile fila allungata attraverso il corridoio che percorre i padiglioni della fiera.
Piove. I commenti sono discordanti. C'è chi sostiene che sia meglio la pioggia del caldo dello scorso anno, altri la pioggia proprio non la digeriscono. A me suscita bei ricordi: miglior tempo in maratona, corsa tutta sotto l'acqua, ma so già che questa volta non sarà proprio così.
Nella zona adibita a spogliatoio conosco Fabio che scopro viene da Marsala. Poi notiamo altri happy runners accampati poco lontano e facciamo conoscenza. Poi ci trasferiamo verso la consegna delle sacche e incontriamo qualcun altro e scopro che siamo veramente tanti, anche quando facciamo ritorno verso la zona spogliatoio fermandoci nel sottopasso per non rimanere sotto la pioggia, visto che ci dovremo restare parecchio tempo oggi. Qui lentamente arrivano altri compagni di squadra con le loro inconfondibili canottiere o t-shirt. É bello che nonostante non ci siano pressioni sull'obbligo di usare la divisa alle gare, tutti abbiamo scelto di indossarla, orgogliosi di rappresentare la nostra squadra. Mi scuso se non ricordo i nomi di tutti.
É giunto il momento di entrare nei ranghi e ci avviamo all'ingresso nei cancelli della partenza. Inno nazionale, e soprattutto un minuto di silenzio per ricordare Piermario Morosini, il calciatore deceduto il pomeriggio precedente durante la partita di serie B tra Pescara e Livorno.
Non mi dilungherò in un racconto dettagliato della corsa, visto che il cappello introduttivo è già sufficientemente lungo, ma ricorderò le cose più significative.
Il primo tratto, che è quello dove di solito si può prestare più attenzione a ciò che ci circonda, è forse quello in cui c'è ben poco da vedere, la prima sorpresa l'ho avuta quando ho visto una maglia happy runner affiorare da sotto una giacca impermeabile che correva a bordo strada. Guardo se riesco a vedere la faccia,...ma è nascosta da una telecamera. Ho capito subito (ero ancora abbastanza cosciente!) è il nostro socio dell'anno Stefano, dietro al suo inseparabile “occhio digitale”. Prima iniezione di adrenalina della giornata. Ora anch'io sono uno dei protagonisti del canale HRC di youtube, con tanto di intervista volante.
Percorso qualche altro chilometro mi squilla il cellulare, e riconosco dalla suoneria che sono i miei amici che mi hanno promesso che sarebbero venuti a fare il tifo per me. Stamattina si sono svegliati presto e sono partiti da Bordighera apposta per poter arrivare a Milano in tempo per il mio arrivo. Se non sono amici questi! Rispondo e mi dicono che siccome pioveva forte, hanno fatto una sosta all'outlet di Serravalle, e che mi avrebbero aspettato alla stazione di Genova per riportarmi a casa, così, intuendo lo scherzo rispondo che almeno all'arrivo avrò modo di farmi la doccia con calma, senza l'assillo di avere sulla coscienza loro che mi aspettano sotto la pioggia. Scopro che hanno già parcheggiato la macchina a Famagosta, e stanno per salire in metropolitana. Seconda iniezione di adrenalina della giornata.
Intanto la gara va avanti e supero lo stadio Meazza, mantenendo un ritmo dignitoso, che non so per quanto ancora avrò la forza di tenere. Il pace maker delle 3:30 è ancora dietro. Il cronometro oggi non mi asseconda, perdo i chilometri, schiaccio gli intertempi, ma non li memorizza, comunque va bene, e mi trovo già alla mezza maratona alle prese con l'enorme pozzanghera che occupa tutta la sede stradale e ci costringe a passare sull'aiuola laterale. So che fino a 30-35 chilometri dovrei riuscire a reggere, dopo è un'incognita.
La terza emozione la trovo al mio passaggio in piazza Duomo, quando sento urlare a squarciagola il mio nome: “Vai Pieeeeeeer”. Scorgo dietro le transenne la mia tifoseria personale giunta fin qui solo ed esclusivamente per me. Alessio che scatta foto a raffica, Stefania e Giulia che si sbracciano per quanto lo si possa fare sotto gli ombrelli e urlano incitandomi. Gli passo accanto dandogli il cinque e il mio cardiofrequenzimetro registra un notevole innalzamento delle mie pulsazioni (dalle 150 che avevo tenuto fin qui in impennata fino quasi a 170!). Percorro tutta la piazza quasi librandomi nell'aria, e sentendo il rumore delle gocce di pioggia su alcune tettoie in plastica (policarbonato, o qualcosa di simile), mi rendo conto di quanto stia piovendo, ma non c'è tempo per pensare, si va avanti.
Di qui comincia il declino, ma riesco a tenere duro fino verso il 37° quando inizio ad alternare tratti di corsa a tratti al passo. Ricordo che in un tratto in cui stavo correndo una ragazza ci sosteneva a gran voce dicendo di non mollare; le guardo le scarpe e vedo che sono uguali identiche alle mie (a parte il numero). Stessa marca, modello e colore identici, così raccolgo le mie forze e la ringrazio, e poi le dico: “Belle le tue scarpe!” Lei sorride, mi ringrazia, e poi da un'occhiata alle mie e si mette a ridere.
Al 39° decido che forse è meglio risparmiare energie per percorrere le ultime centinaia di metri correndo, sapendo che mi aspettano al traguardo armati di macchina fotografica, telecamera, anche se nella telefonata con la quale li ho avvertiti più o meno dell'ora del mio transito sotto il traguardo mi sono dimenticato di chiedere se erano posizionati a destra o a sinistra.
La mia unica paura in questo ultimo tratto è il freddo, tanto è vero che mi sono messo a muovere le braccia per cercare di combattere contro questo avversario temibile. Dopo essere stato superato da parecchi happy runners che avevano gestito la gara meglio di me ho raccolto le forze per correre gli ultimi trecento metri, con le gambe che sembravano due pali di ferro, ma con la gioia di aver “corso” una delle mie più belle maratone.
L'ultima emozione è stata quella di cercare con lo sguardo a destra e a sinistra fino a che non ho di nuovo sentito urlare e non ho visto nei loro visi la commozione, e l'emozione di vedermi arrivare, sapendo bene quello che avevo provato durante la gara.
Personal worst, cioè peggior risultato cronometrico in una maratona, ma tante emozioni, e un percorso completamente pianeggiante, come non avevo mai trovato. Spettacolo anche a bordo strada, con tante persone sorridenti che ci sostenevano, contrariamente a quanto mi avevano riferito e avevo letto sui giornali specialistici a proposito dei milanesi.
Una volta tolti i vestiti e indossato qualcosa di asciutto (sotto la pioggia) mi sono accorto che non avevo le scarpe di ricambio, così calze asciutte e scarpe bagnate. Raggiunti i miei tifosi personali, ho potuto ringraziarli e abbracciarli, tre persone veramente speciali, che sono entrate a far parte della mia vita solo in quest'ultimo periodo, ma che rivestono un ruolo molto importante. Hanno saputo tirare fuori la voglia di vivere che avevo sepolto chissà dove. Loro l'hanno trovata. Grazie Alessio, Stefania e Giulia.
Il mio ultimo grazie va a tutti i volontari che si sono adoperati per la riuscita della maratona dai ristori agli spugnaggi a tutti quelli che hanno lavorato di nascosto.
Buone corse a tutti e alla prossima. Pierfranco “Pier”
 



02/05/2012


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