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Maratona di Roma 2010

Sono entrato in possesso, del tutto casualmente, di un articolo del giornale "PB" (Podismo e Bisbocce), che mi aveva selezionato, mediante regolare sorteggio, quale "amatore", da far seguire nella Maratona di Roma da un proprio giornalista (a mia insaputa).
Di seguito, pertanto, riporto il mio racconto dell’evento e, in grassetto corsivo, la versione pubblicata sulla prestigiosa rivista che, con Runner’s World e Correre rappresenta il meglio dell’editoria specializzata.


Sono pronto, dopo mesi di allenamenti durissimi, sacrifici, rinunce alimentari, culturali e sessuali sono sicuramente pronto. Il mio fisico non è mai stato così "tirato", non pesavo così poco dai tempi delle scuole! Incontro gli altri di Runners Forum vicino all’Arco di Costantino, e dopo i saluti, gli abbracci e le foto, ci predisponiamo mentalmente alla gara.

Individuo il mio uomo quasi subito, dal pettorale altissimo: 12373, sembra un numero di telefono.
Grassottello, rappresenta bene i nostri lettori. Non mi sembra abbia alcuna possibilità di portare a termine la maratona, ma forse mi sbaglio. Certo è che, vedendolo fare il cretino con un gruppo di suoi amici, invece di riscaldarsi, prendo nota del suo primo grossolano errore.

L’attesa è spasmodica; per risparmiare le forze mi siedo sul marciapiede e mi concentro; intanto la gente nelle gabbie affluisce cerca di guadagnare la migliore posizione, non senza discussioni, soprattutto con stranieri, che rimprovero garbatamente nelle rispettive lingue.

Inspiegabilmente il soggetto si siede con la testa fra le mani: penso ad un malore e mi preoccupo per l’articolo; poi però si riprende, incomincia a litigare con degli stranieri, esprimendosi in una sorta di esperanto che, mischiando parole di varie lingue, risulta sostanzialmente incomprensibile ai più.

Poi, improvvisamente, il via: scatto in avanti consapevole del buon lavoro fatto: cerco subito il miglior assetto di corsa, evitando di imbottigliarmi nei rallentamenti. La musica fortissima di The final countdown ci accompagna nei primi metri fini all’altare della libertà. Ho la sensazione che, con questo ritmo, anche i kenioti dovranno guardarsi le spalle...

Ma come si fa a correre così? È sgraziato, pesante, arretrato e lievemente zoppicante. La conseguenza è che risulta inevitabilmente lento, sopra i 6:00 al km, ed immediatamente bloccato in un clamoroso ingorgo alla prima strettoia, per la quale intervengono addirittura i vigili urbani...Quando riparte, i Kenioti stanno ormai facendo la doccia.

La gara prosegue bene, senza strappi, fino al 20^ km, ove accuso una crisi, di cui non comprendo bene la natura; temendo un calo di energie, lavoro con raziocinio al successivo ristoro, dove do la priorità ai solidi.

Ma quanto mangia? Al ristoro dei 25 sembra al ristorante e mi aspetto soltanto che da un momento all’altro ordini un caffè ed il conto...

Grazie alla gestione oculata della crisi, riprendo vigore e tengo un buon ritmo fino al 30^ km, dove cavalcavia, vento contrario e scarsezza di pubblico evidenziano un mio ulteriore momento di difficoltà.

L’abbuffata pantagruelica naturalmente produce i suoi effetti, ed il ritmo, se possibile, cala ancora.

Si torna finalmente in centro! Il pubblico è abbastanza caloroso, e riconoscendo la prestigiosa canottiera della mia squadra mi incita particolarmente. Io mi lascio andare a gesti di simpatia, nonostante la fatica, e fra un "cinque" ad un bambino ed un sorriso complice a qualche tifosa particolarmente carina, sfiliamo da Via del Corso e ci avviciniamo al traguardo.

Vestito con una canottiera giallorossa con un enorme simbolo di McDONALD's sul petto, il soggetto riceve insulti da numerosi laziali lungo la strada, ed una bambina chiede alla mamma se il soggetto è un personaggio della pubblicità dei CheeseBurger.

Arrivo agli ultimi due kilometri; adesso la stanchezza si fa davvero sentire, e decido di non attaccare, riducendo addirittura il ritmo, ma guardandomi bene le spalle per controllare gli avversari diretti.

Dal 40^ km è un vero calvario, e provo un po’ di pena per quel signore di mezza età che, non riuscendo neanche più a coordinare i movimenti, simula una corsa che, invece, è sempre più simile alle reazioni delle rane spellate, alle quali Alessandro Volta collegava la corrente elettrica, nel corso dei suoi esperimenti sulle pile.

Gli ultimi 800 metri paiono non passare più, resi particolarmente duri dall’ennesimo salitino bastardo e spaccagambe, e quando vedo il traguardo sono sinceramente sollevato. Taglio il traguardo a pugni chiusi al cielo, trattengo a stento le lacrime e fisso il cronometro su un buon 4:10:40. Nonostante gli infortuni, le soste forzate, il parere contrario dei medici, ho ripreso a correre e ho finito la corsa regina. Mi sento un po’ un atleta, un po’ speciale e un po’ eroe. Adesso anch’io sono un maratoneta!

Sono seriamente preoccupato per la salute del tizio che, evidentemente stravolto dalla fatica ha assunto un’espressione vuota, rotta soltanto da qualche digrignare dei denti. Nonostante mulini le braccia come un quattrocentista è ormai praticamente fermo, ed il rettilineo finale dura un’eternità, ma alla fine anche lui taglia il sospirato traguardo, come migliaia prima di lui, e nonostante ciò esulta come se avesse vinto una medaglia olimpica, e non quel pezzo di latta che gli danno subito dopo il traguardo.
Eppure, in fondo in fondo un po’ lo capisco perché, nonostante un tempo improponibile, una tecnica oscena ed evidenti problemi di deambulazione, anche lui è un maratoneta!

mario setragno



21/03/2010


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