Moduli per visita medica
A Natale nessuno regala ad un adulto un gioco, quella cosa superflua, utile solo per divertirsi. Men che meno quei giochi come un pallone o uno skateboard che da soli possono aprire un mondo fatto di carne, ossa e vita e respiro.
Allora me lo sono comprato io.
L'ennesimo paio di scarpe da corsa ma no, non per macinare chilometri, piano o veloce, protetto ed efficiente, come il necessario cambio di gomme dell utilitaria, non scarpe da trail, da allenamento, da gara, neutre, ammortizzate o minimali, qualcosa in gaudente eccesso. Ecco quindi un paio di scarpe chiodate, modello da fondo in pista, con licenza di prati cambiando i chiodi, acquistate con l'alibi del supersconto ad un prezzo pari a quello di un paio di ciabatte e con l'approccio più che del recupero del fondo di magazzino, dell'adozione del vecchio cane che non viene preso in considerazione dai visitatori del canile.
Dopo la prova da fermo in salotto le calzo per qualche centinaio di metri nel prato dietro casa in montagna, quel tanto che basta per percepire l'effetto che fa andare a trovare sotto le foglie secche un paio di incontrovertibili cacche fresche.
Il naviglio no, la pista chissà mai e allora corsa campestre sia, tanto vale confessare che qui si voleva arrivare, ore 10.00, sei gennaio 2016, in San Giorgio sul Legnano, eccoci nel mucchione di quattrocento e passa master alla partenza del cinquantanovesimo Campaccio Cross Country Permit Meeting IAAF con dall'alto in basso: fascetta per le orecchie, maglia manica lunga+canotta, guantini, pantaloncini, cosce e polpacci con olio santificante, calzino e loro, le chiodate così pure e vintage con la tomaia bianca e immacolata e i chiodi da nove millimetri a chilometri zero. Io parimenti vergine delle materie della campestre, ovvero di terra, prati, fango, curve e sali scendi, devo imparare nei primi quattrocento metri, fino a chiudere la prima stretta curva dopo il rettilineo di partenza, la sopravvivenza base con gomiti, mani e contatti di piedi sfiorati. Bellissima giornata, col sole terso, niente vento e una temperatura relativamente mite, ideale per correre su un terreno che ha già ben assorbito le precipitazioni della vigilia, ma ove incespicare e cadere nel bel mezzo della mandria lanciata avrebbe esiti non altrettanto gaudenti. Adattandomi più velocemente che posso alla etichetta di circostanza, assai lontana dalle generalmente cavalleresche corse su strada, le prendo e le restituisco adattandomi in tutti i modi al ritmo del blocco di corridori in cui mi trovo compattato dal tracciato stretto dai nastri di perimetro. Le cose si rasserenano conclusi i due chilometri del primo dei tre giri della gara, la fatica del terreno irregolare e pesante e i dossi che spezzano ritmo e fiato hanno placato le animosità di noialtri di rincalzo, fuori dalla competizione per la classifica e concentrati sulla sopravvivenza.
Dai Gigi, vai di piedi, spingi, forsa, forsa! urlano al mio dirimpettaio di turno all'uscita di una maligna salitella, amici o parenti che fossero e simpatica gente tale che se fosse indirizzata a me prenderei nota per altrettanto bonariamente al prossimo ed ultimo giro indirizzare se non vieni qui tu quanto meno la risacca dei polmoni che i simpatici rilievi richiamano.
Un pò di fiato di lunga percorrenza sopravvissuto al Natale e mi porta con quel tanto di gamba per apprezzare la leggerezza e il grip delle scarpe oramai domate sulla tratta finale, nell'assaggio di pista prima di sprintare sul prato regolare dell'arrivo rubato ad un campo di calcio.
Il tempo di rifiatare e cerco di piazzarmi per lo meno nella corsa alle poche docce. Sulle scale per gli spogliatoi si erge brandendo uno scopone il categorico custode:
- con la terra non si entra, sbattete le scarpe prima! Non ho esitazioni: - nessun problema, io le tolgo ed entro a piedi nudi. Carezzo il giocatolo nuovo, battezzato di terra per l'ammissione alla tribù della campestre.
(Nicola Brambilla)
Allora me lo sono comprato io.
L'ennesimo paio di scarpe da corsa ma no, non per macinare chilometri, piano o veloce, protetto ed efficiente, come il necessario cambio di gomme dell utilitaria, non scarpe da trail, da allenamento, da gara, neutre, ammortizzate o minimali, qualcosa in gaudente eccesso. Ecco quindi un paio di scarpe chiodate, modello da fondo in pista, con licenza di prati cambiando i chiodi, acquistate con l'alibi del supersconto ad un prezzo pari a quello di un paio di ciabatte e con l'approccio più che del recupero del fondo di magazzino, dell'adozione del vecchio cane che non viene preso in considerazione dai visitatori del canile.
Dopo la prova da fermo in salotto le calzo per qualche centinaio di metri nel prato dietro casa in montagna, quel tanto che basta per percepire l'effetto che fa andare a trovare sotto le foglie secche un paio di incontrovertibili cacche fresche.
Il naviglio no, la pista chissà mai e allora corsa campestre sia, tanto vale confessare che qui si voleva arrivare, ore 10.00, sei gennaio 2016, in San Giorgio sul Legnano, eccoci nel mucchione di quattrocento e passa master alla partenza del cinquantanovesimo Campaccio Cross Country Permit Meeting IAAF con dall'alto in basso: fascetta per le orecchie, maglia manica lunga+canotta, guantini, pantaloncini, cosce e polpacci con olio santificante, calzino e loro, le chiodate così pure e vintage con la tomaia bianca e immacolata e i chiodi da nove millimetri a chilometri zero. Io parimenti vergine delle materie della campestre, ovvero di terra, prati, fango, curve e sali scendi, devo imparare nei primi quattrocento metri, fino a chiudere la prima stretta curva dopo il rettilineo di partenza, la sopravvivenza base con gomiti, mani e contatti di piedi sfiorati. Bellissima giornata, col sole terso, niente vento e una temperatura relativamente mite, ideale per correre su un terreno che ha già ben assorbito le precipitazioni della vigilia, ma ove incespicare e cadere nel bel mezzo della mandria lanciata avrebbe esiti non altrettanto gaudenti. Adattandomi più velocemente che posso alla etichetta di circostanza, assai lontana dalle generalmente cavalleresche corse su strada, le prendo e le restituisco adattandomi in tutti i modi al ritmo del blocco di corridori in cui mi trovo compattato dal tracciato stretto dai nastri di perimetro. Le cose si rasserenano conclusi i due chilometri del primo dei tre giri della gara, la fatica del terreno irregolare e pesante e i dossi che spezzano ritmo e fiato hanno placato le animosità di noialtri di rincalzo, fuori dalla competizione per la classifica e concentrati sulla sopravvivenza.
Dai Gigi, vai di piedi, spingi, forsa, forsa! urlano al mio dirimpettaio di turno all'uscita di una maligna salitella, amici o parenti che fossero e simpatica gente tale che se fosse indirizzata a me prenderei nota per altrettanto bonariamente al prossimo ed ultimo giro indirizzare se non vieni qui tu quanto meno la risacca dei polmoni che i simpatici rilievi richiamano.
Un pò di fiato di lunga percorrenza sopravvissuto al Natale e mi porta con quel tanto di gamba per apprezzare la leggerezza e il grip delle scarpe oramai domate sulla tratta finale, nell'assaggio di pista prima di sprintare sul prato regolare dell'arrivo rubato ad un campo di calcio.
Il tempo di rifiatare e cerco di piazzarmi per lo meno nella corsa alle poche docce. Sulle scale per gli spogliatoi si erge brandendo uno scopone il categorico custode:
- con la terra non si entra, sbattete le scarpe prima! Non ho esitazioni: - nessun problema, io le tolgo ed entro a piedi nudi. Carezzo il giocatolo nuovo, battezzato di terra per l'ammissione alla tribù della campestre.
(Nicola Brambilla)
08/01/2016
